La MMT e i vincoli esterni

di L.Randall Wray

Fissare o fluttuare, questo è il problema.

La MMT sostiene che un governo sovrano che emette una sua moneta “non convertibile” non può diventare insolvente in termini della propria valuta. Esso non può essere costretto a fare un default involontario sui suoi titoli denominati nella propria valuta. Può “permettersi” di comprare qualsiasi cosa che sia in vendita e che sia prezzata nella propria valuta. Potrebbe essere in grado di comprare varie cose in vendita in valuta estera, offrendo in cambio la propria valuta – ma ciò non è sicuro.
Se, invece, promette di convertire la propria valuta ad un prezzo fissato a qualcos’altro (oro, valuta estera), allora potrebbe non essere in grado di mantenere quella promessa. Il default involontario e l’insolvenza diventano possibili.
Parlando in generale, il sistema di una valuta a tasso di cambio non convertibile e fluttuante, fornisce più spazio a livello politico. Il governo può utilizzare la politica fiscale e monetaria per portare avanti l’agenda nazionale. Fissando la moneta si riduce lo spazio politico, perché il governo deve considerare comunque la promessa che ha fatto riguardo al convertire la valuta in qualcos’altro. Ciò può entrare in conflitto con l’agenda politica nazionale. Ad esempio, generalmente (ma non sempre), è il caso che il governo persegua una politica che garantisca un flusso positivo di valuta estera (o oro), da accumulare come riserva per mantenere l’ancoraggio. Ciò, di solito, significa disoccupazione interna per mantenere bassi i salari e le importazioni.
Finora tutto ciò è semplicemente logico. L’ancoraggio della propria valuta aggiunge un vincolo: è necessario ottenere quel qualcosa al quale si è ancorati al fine di garantire una possibile conversione al prezzo ancorato. Quanto è vincolante questa costrizione? Dipende. Nel caso della Cina di oggi, il suo tasso di cambio “gestito” non è molto vincolante. Ad esempio, la Cina si è impegnata in una crescita alquanto rapida dei salari nazionali. Al contrario, nel caso del Nepal, l’ancoraggio alla valuta indiana è vincolante. Se il Nepal seguisse le politiche della Cina di incremento salariale, il suo deficit commerciale con l’India crescerebbe; a meno che non potesse, in qualche modo, aumentare i pagamenti da parte dei propri lavoratori all’estero, le riserve di valuta indiana, oltre che di dollari, verrebbero esaurite. Il suo aggancio valutario sarebbe minacciato, e una crisi valutaria diverrebbe probabile.
Ora, la Cina o il Nepal beneficerebbero di una valuta fluttuante? Non ho alcun dubbio che la Cina, alla fine, si troverebbe in una posizione nella quale il tasso di cambio fluttuante non sarebbe solo voluto ma sarebbe anche necessario. La Cina probabilmente fluttuerà a lungo prima di raggiungere tale posizione. La Cina diventerà troppo ricca, troppo sviluppata, per evitare il tasso fluttuante. Essa si fermerà dall’accumulare riserve nette in valuta estera, e probabilmente comincerà ad incorrere in disavanzi delle partite correnti. Rilasserà gradualmente i controlli dei capitali. La Cina potrebbe non avvicinarsi mai allo stile occidentale di “libero mercato”, ma sicuramente trarrà vantaggio dal tasso di cambio fluttuante al fine di preservare lo spazio politico nazionale.
Se non lo facesse, potrebbe trovarsi in uno status quasi coloniale, subordinata all’emittente di valuta di riserva. La Cina non farà ciò.

La MMT sottolinea che in termini “reali”, le importazioni sono un beneficio e le esportazioni sono un costo. Una valuta fluttuante e un controllo dei capitali più rilassato, consentirebbero ad una nazione di godere di più “benefici” (importazioni) e meno “costi” (esportazioni). La nazione può “permettersi” di godere di tutta la produzione che è in grado di produrre e di godere di qualsiasi produzione che il resto del mondo vuole venderle. Essa “paga per” tali importazioni nette attraverso l’espansione del surplus del proprio conto capitale. Sul conto capitale, ciò si riflette nell’ accumulo di crediti finanziari del resto del mondo denominati nella valuta dell’importatore.

I saldi si equilibrano. Anche se molti dicono che gli Stati Uniti hanno uno “squilibrio commerciale” perché il conto corrente è in deficit, in realtà non c’è uno squilibrio, perché il conto capitale è in surplus. Dollaro per dollaro. Non ci può essere uno squilibrio. Gli stranieri vogliono i beni in dollari, e così vendono la loro produzione agli USA. Forse è nel loro interesse nazionale che si faccia ciò, o forse no. Questa non è una questione che sta a me giudicare. Comunque è certamente nell’interesse di qualcuno, altrimenti non lo si farebbe. Forse sono gli esportatori a fare la politica. Forse sono le elite dei ricchi a farla. O forse è davvero nell’interesse nazionale.

Brian Romanchuk ha scritto un gran pezzo nel suo blog: “Perché i paesi ricchi dovrebbero rendere fluttuanti le loro valute” (vedi qui). Lui è un esperto del mercato obbligazionario e riconosce che i paesi ricchi e sviluppati non debbano affrontare un “vincolo esterno”, fintanto che si trovano con un tasso di cambio fluttuante. Non ho intenzione di ripetere la sua intera argomentazione – dovreste davvero leggere il suo pezzo – ma qui arriviamo al punto principale: se gli stranieri vogliono vendere la loro produzione al vostro Paese, non è necessario preoccuparsi di come ottenere la valuta estera per finanziare questa operazione.

“C’è una relazione contabile che dice che entità straniere* devono piazzare flussi finanziari in un Paese per abbinare i deflussi corrispondenti al suo deficit delle partite correnti (ignorando i piccoli flussi esterni, come i trasferimenti di aiuti esteri). Questo sembra implicare che gli stranieri abbiano il potere di veto sulle politiche di un Paese, ed ho notato svariate argomentazioni che affermano che i cittadini di tale Paese siano costretti ad indebitarsi in valuta estera a seguito della contabilizzazione.

Tuttavia, il volume delle transazioni in valuta estera è stato di un’ammontare superiore rispetto all’ordine di grandezza necessario per supportare i flussi commerciali. Questa iperattività è in parte il risultato di una negoziazione in cambi esteri, ma riflette anche dei grandissimi flussi di mercato dei capitali transnazionali lordi. Questi flussi determinano il valore relativo delle valute. La controparte finale di un importatore è più probabile che sia un investitore straniero che voglia correre il rischio di un tasso di cambio estero; non vi è alcuna necessità per i cittadini di un paese di dover richiedere dei prestiti in valuta estera per finanziare le importazioni.

E’ molto probabile che una caduta della valuta possa rendere peggiore il conto corrente (allo stesso modo le importazioni diventano più costose, e le quantità di queste importazioni non si regolano immediatamente); questo è un punto che mi è stato fatto notare nei commenti al mio articolo precedente. Ma dal momento che la valutazione delle monete è guidata dai flussi di capitale, e non da flussi commerciali, questo problema non può andare avanti all’infinito. I conti salariali nazionali degli esportatori verrebbero “sgonfiati” rispetto a quelli dei concorrenti internazionali, e diverrebbero più competitivi. (I prezzi degli input importati aumentano in termini di valuta locale, ma pagano gli stessi prezzi che a livello mondiale devono affrontare anche i concorrenti). Poiché gli esportatori sono più competitivi, i profitti futuri attesi aumentano, rendendo le azioni nazionali relativamente più attraenti. Questo effetto finirà per limitare la debolezza della valuta. E la realtà empirica è che le valute dei mercati sviluppati si muovono molto in giro, e che il limite sembra essere quanto possono discostarsi da una stima del valore della parità del potere d’acquisto.

Anche se la volatilità delle valute è dirompente, le aziende possono utilizzare coperture valutarie per limitare l’impatto della volatilità nel breve periodo. In un Paese come il Canada, dove si prevede la volatilità delle valute, i manager hanno imparato nel modo più duro che le esposizioni economiche valutarie esterne devono essere controllate. (Per esempio, la previsione per il prossimo anno di entrate in valute estere può essere coperta dando il tempo di reagire ai movimenti del forex). Al contrario, ciò che abbiamo visto in Asia nel 1997 è stato il fatto che le imprese erano venute a fare affidamento sulle banche centrali per la stabilizzazione della valuta, e si erano impegnate in esposizioni speculative di valute incrociate (come prestiti in dollari, perché “i tassi di interesse erano più bassi” ). Per parafrasare Minsky, l’instabilità è stabilizzante.

In ogni caso, io sostengo che l’offerta per una valuta di un mercato sviluppato esiste sempre ad un certo prezzo, per via della potenziale domanda di attività finanziarie in valuta locale. Sarebbe necessario essenzialmente che la valuta cessi di esistere, in modo che non vi sia alcuna domanda per tale valuta. Ciò potrebbe comportare da parte del Governo il ripudio del proprio debito, o anche un cambio di regime politico (una guerra, una rivoluzione). Inoltre, potrebbe derivare da un default di massa del sistema bancario nazionale. Quest’ultima possibilità è molto reale, e spiega perché tutto ciò sia necessario per le autorità di regolamentazion al fine di allontanare le banche nazionali da un tipo di costruzione basata sulle esposizioni in valuta estera (come si è visto in Islanda). Ciò implica che vi sia un vincolo sulla regolamentazione – le banche devono essere regolate in un modo che possa essere coerente con un tasso di cambio fluttuante della valuta. Molti Paesi non sono riusciti a regolamentare le loro banche correttamente (ad esempio, i mutui in valuta estera sono comuni in molti Paesi), ma la loro incompetenza non sta a significare che sia impossibile gestire un sistema bancario correttamente.

Partendo dal presupposto che c’è sempre un’offerta per la valuta, sarà sempre possibile finanziare un disavanzo delle partite correnti. L’unico problema è il prezzo al quale si verifica il finanziamento”. Per spiegare tutto ciò nel modo più succinto possibile, se si offrono dollari statunitensi o canadesi o australiani, o sterline inglesi, o Yen giapponesi, o euro dell’eurozona, non troverete mai una mancanza di acquirenti. L’unico problema è il prezzo. Diamine, ho offerto Pesos messicani, e pesos colombiani, e la Lira Turca e molte altre valute molte volte, e non ho mai trovato una mancanza di acquirenti.

Brian continua ad affermare che sta parlando solo della situazione dei Paesi ritenuti “ricchi”. Dice che sospetta che sia meglio anche per i Paesi in via di sviluppo acquisire un tasso fluttuante, ma dice anche che si trovano ad affrontare dei problemi piuttosto difficili che lui non crede di conoscere abbastanza bene.

Io sono con Brian su quest’argomento. Francamente, non so se il Nepal avesse fatto meglio o no ad adottare un tasso di cambio fluttuante. Ho il sospetto che per molti dei paesi più poveri del mondo il regime di tasso di cambio non sia il problema centrale, e probabilmente sono fregati sia che adottino un tasso fisso sia che adottino un tasso fluttuante.

I critici della MMT amano prendere come esempio tali casi, come prova che la MMT è in qualche modo sbagliata. Essi ci sfidano a trovare una soluzione ai problemi dei paesi poveri. Se la MMT non riesce a trovare una soluzione semplice ai problemi complessi che stanno affrontando le nazioni in via di sviluppo, allora in qualche modo la MMT è sbagliata. Si tratta di un’ affermazione piuttosto bizzarra.

Ciò che intendiamo affermare è che con una moneta sovrana fluttuante un governo di una nazione in via di sviluppo possa “permettersi” di impiegare tutte le sue risorse [lavoratori, ndt] interne che sono disposte a lavorare per la valuta nazionale.
Una nazione sarà in grado di importare tutto ciò che vuole? Probabilmente no. L’ ancoraggio del tasso di cambio permetterebbe di importare di più? Forse, ma allora è molto probabile che si dovrà rinunciare alla piena occupazione a livello nazionale. E il Paese sarà soggetto ad insolvenza e rischio di default (perché ha promesso di offrire qualcosa che potrebbe non essere in grado di fornire).

E’ vero che un trade-off possa essere fatto nell’interesse nazionale? Ne dubito, ma non sono sicuro. Quello che osservo nel mondo reale è che i motivi per cui si ancorano i tassi di cambio nei Paesi in via di sviluppo sono di solito gli interessi delle élite che amano le loro importazioni di lusso e le loro vacanze a New York e Disneyworld. In genere da qualche parte circa la metà della popolazione è disoccupata o “casualmente” occupata (il lavaggio dei parabrezza delle importazioni di lusso ai semafori). A me sembra un brutto trade-off.

Il grande spauracchio che di solito viene sollevato è relativo al “pass-through” [1] sull’inflazione. Una moneta fluttuante apre la possibilità di deprezzamento del cambio che aumenta i costi delle importazioni e “passa attraverso” l’inflazione interna. Proprio come ci dice Brian, l’impatto inflattivo è spesso enormemente sopravvalutato.

Neil Wilson ha una buona idea su tutto ciò, anche nel suo pezzo “E’ la stupidità degli esportatori”: “Il punto chiave è che se una valuta si sposta verso il basso [si deprezza, ndt] e le importazioni diventano “più costose”, l’inflazione che poi potrebbe arrivare è una risposta distributiva che cerca di eliminare alcune di queste importazioni, in modo che le esigenze di scambio si pareggino. Ciò elimina anche le esportazioni di qualcun altro.
La cosa importante da ricordare è che quando una valuta scende, tutte le altre valute nel mondo salgono in relazione ad essa, e le nazioni che si basano sulle esportazioni (nazioni guidate dalle esportazioni) iniziano a perdere la presa sul commercio – e questa perdita di presa va a deprimere l’economia della nazione in questione.
Una qualsiasi delle altre economie può intervenire sui mercati dei cambi esteri, acquistare la valuta “di riserva” e ciò fermerà la “slitta” a tutti. E tutti gli esportatori che fanno parte di una nazione basata sull’importazione, hanno una banca centrale con una capacità infinita di fare ciò.
I Paesi guidati dalle esportazioni devono fornire costantemente la liquidità nel resto del mondo, per permettere ad altri di comprare i loro prodotti. In caso contrario, il resto del mondo si ritrova senza quella quantità di denaro che è necessario per l’operazione di esportazione da completare, e l’esportazione non ci sarà mai (gli acquirenti inglesi acquistano prodotti cinesi con GBP, ma i lavoratori cinesi sono pagati in Yuan. La relativa scarsità di Yuan a causa del differenziale di esportazione deve essere fornita dai cinesi stessi oppure le merci cinesi diventano, per assurdo, infinitamente costose).
Così l’intuizione importante, IMV, è che gli esportatori hanno bisogno di esportare e le banche centrali che sostengono questa politica con “operazioni di liquidità”, in ultima analisi potranno fermare qualsiasi “slitta” per qualsiasi destinazione di esportazione importante – stanno dicendo, esplicitamente o implicitamente, che si deve passare attraverso il proprio sistema bancario…
Per me la risposta politica alle valute scorrevoli è quella di controllare l’inflazione distributiva per vietare temporaneamente l’importazione di articoli “di lusso”. Ciò forza il problema sulle spalle degli esportatori, che possono “alleviare il dolore” con un intervento sistematico e fissando lo squilibrio valutario. Quindi costringendoli a fare quello che fanno normalmente durante il percorso delle operazioni commerciali.”
Sono d’accordo con Neil che è meglio adottare il cambio fluttuante e poi trattare con il “pass- through” sull’inflazione, ed ha senso forzare sui ricchi la maggior parte del “dolore” nel combattere il più possibile l’inflazione. Dopo tutto, essi sono quelli che importano le BMW e portano i bambini a Disneyworld. Come osserva Neil, in risposta a Ramanan, ho sostenuto quanto segue:
“i principi della MMT si applicano a tutti i paesi sovrani. Sì, essi possono avere la piena occupazione in casa propria. Sì, ciò potrebbe portare a deficit commerciali. Sì, ciò potrebbe (forse) portare alla svalutazione della moneta. Sì, ciò potrebbe portare ad un “pass-through attraverso l’inflazione. Ma hanno un sacco di opzioni politiche disponibili, se a loro non piacciono questi risultati. I controlli sulle importazioni e i controlli sui capitali sono esempi di opzioni politiche. L’ occupazione diretta, gli investimenti diretti, e lo sviluppo mirato sono anche queste opzioni politiche”.

Io non sono superficiale per quanto riguarda gli svariati vincoli reali che vengono affrontati da un paese povero e in via di sviluppo. In una fase iniziale di sviluppo, le importazioni sono molto difficili da ottenere. La moneta nazionale affronta una piccola domanda esterna. Il resto del mondo non vuole i prodotti della nazione, quindi essa non può esportare. Il prendere in prestito in valuta estera può facilmente portare ad un servizio del debito eccessivo e ad un collasso finanziario.

Né il tasso di cambio fluttuante né tantomeno quello fisso possono risolvere facilmente questi problemi. Il fatto che la MMT non abbia una soluzione facile per questi paesi non significa, a mio avviso, dimostrare che la MMT sia difettosa. La mia impressione è che adottare una valuta fluttuante e sfruttare la capacità di un paese sovrano di spendere a livello nazionale, possa essere un passo nella giusta direzione. I controlli sui capitali sono probabilmente necessari, tanto più se il paese non ha il tasso di cambio fluttuante. Gli aiuti esteri sono probabilmente necessari per finanziare le importazioni di cui si ha bisogno.

La piena occupazione delle risorse interne è ancora più importante per la nazione in via di sviluppo di quello che è per le nazioni ricche e già sviluppate. E tuttavia ciò che troviamo è proprio il contrario: la disoccupazione è molto più alta perché il governo pensa che non può “permettersi” di offrire posti di lavoro. Quindi, la MMT è in grado di offrire consigli utili a tutti, anche se non è in grado di offrire una bacchetta magica per spazzare via tutti i problemi che vengono affrontati dai paesi in via di sviluppo.

Fonte: http://www.economonitor.com/lrwray/2014/02/24/mmt-and-external-constraints/