La sinistra e la globalizzazione

di Fabio Di Lenola

Alcuni rilievi critici alla posizione della sinistra sulla risposta globale al capitalismo globale (e globalizzato).

Questa posizione, per essere minimamente presa in considerazione, necessita di alcuni postulati.

Innanzitutto bisogna immaginare che esista un capitalismo mondiale che agisca in maniera concertata e coordinata a difesa dei propri interessi (e in opposizione all’interesse del proletariato mondiale).

La verità è che non esiste il “capitalismo” globale, esistono vari “capitalismi” in lotta e in *concorrenza* tra loro.

Come già ampiamente spiegato a più riprese da La Grassa in maniera puntuale, la lotta tra capitalismi, si risolve in ultima istanza, in lotta tra stati nazionali.

La lotta dei funzionari del capitale è per la conquista dei centri strategici anche e soprattutto dentro gli stati (tutt’altro che impotenti dentro la globalizzazione).

Dentro questo processo, la creazione di una risposta proletaria globale al movimento globale della concorrenza tra capitalismi , semplicemente non si viene a determinare.

Il secondo punto è il differente sviluppo delle forze produttive dentro i differenti capitalismi.

A ogni capitalismo corrisponde un diverso sviluppo delle forze produttive, un diverso tenore di vita, diverse rivendicazioni, ecc ecc.~.

Essendo questa la (banale) realtà, non si capisce su quali basi il proletariato norvegese dovrebbe simpatizzare con le lotte del proletariato greco e viceversa. Non si capisce perché il proletariato norvegese dovrebbe riconoscersi in quello greco.

Arriviamo al punto.

Il punto è che la classe operaia non è spontaneamente rivoluzionaria, non possiede i geni della rivoluzione (si legga Bauman).

Non bisogna confondere il sindacalismo (probabilmente questo si, realmente appartenete alla classe operaia) con il comunismo.

È altra roba.

Le classi operaie chiedono buoni salari, orari di lavoro ridotti, intensità ridotta nell’atto del prestare lavoro, sanità pubblica, scuola pubblica, ecc ecc.~.

Ora se si vuole scambiare queste richieste (del tutto legittime e “rivoluzionarie” visti i tempi che corrono) come rivoluzionarie (nel senso di Marx), probabilmente non si sa di cosa si sta parlando.

Sulla globalizzazione :

La globalizzazione in generale è presentata come il fattore che obbliga una risposta globale al capitalismo.

Ma anche qui, riprendendo Preve (e lo stesso La Grassa) , ne viene fuori una descrizione della globalizzazione molto diversa rispetto alla narrazione ricorrente che è ingenua e semplificatrice.

Esiste una globalizzazione finanziaria che ha un centro, da cui poi si diramano delle emanazioni. Ma il centro è dominante e non è allo stesso livello delle sue propaggini , diffuse soprattutto in Europa e nel mondo occidentale.

Gli USA non sono sullo stesso piano dell’Italia per essere chiari.

La globalizzazione dunque non spiana le differenze, non mette sullo stesso piano gli Stati, ma accentua e allo stesso tempo normalizza i conflitti internazionali.

È la riproposizione della teoria della catena dell’imperialismo di Lenin , che ovviamente necessità di aggiustamenti e di aggiornamenti..

La globalizzazione sostanzialmente non cambia le carte in tavole, aumenta la cortina fumogena.

Diradare la nebbia è fondamentale in questo momento storico, prima ancora di ricostruire.

 

4 commenti

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